Il latte che si beve tutti i giorni contiene anche pus, batteri e altre sostanze poco raccomandabili, solo che non tutti, anzi veramente pochi, ne sono a conoscenza. Quindi, inconsapevolmente, tutti i giorni a colazione si beve qualcosa che nessuna madre vorrebbe consapevolmente dare ai propri figli, solo che questo accade lo stesso, nella più assoluta ignoranza del problema. Questa è una delle tante conseguenze degli allevamenti intensivi, anche delle mucche da latte, costrette poverine a produrre fino a 10 volte quanto invece produrrebbero per alimentare i loro vitelli.
A parte il problema etico che vede quindi le povere bestie sfruttate in maniera a dir poco deplorevole, esiste anche un problema igienico-sanitario che rende quindi il latte qualcosa di molto diverso da quello che si beveva una volta. Il latte che una volta, tanti anni fa, si acquistava direttamente in campagna, anche se non pastorizzato, era molto probabilmente migliore di quello che si trova attualmente nei banchi refrigerati dei supermercati. Quello era un lette genuino, che la brava mucca produceva secondo natura, nella giusta quantità e senza stressarsi, per cui anche al qualità del latte era decisamente diversa.
Oggi una mucca da latte, allevata in stalle dalle quali non uscirà mai nel corso della sua breve esistenza, se non a fine carriera, diciamo così, quando sarà avviata al macello, è costretta a produrre fino a 40 litri di latte al giorno e questo fa diventare le sue mammelle enormi, tese, dolenti, pesanti, per cui un terzo di queste pover bestie soffre di mastite, una infiammazione dolorosa delle mammelle che viene curata con antibiotici, antibiotici che poi si ritrovano nelle tazze della prima colazione. Inoltre, mastite a parte, le mucche da latte, costrette come sono a vivere in una continua condizione di sofferenza, sono mantenute in salute, un vero e proprio eufemismo, grazie solo alla gran quantità di farmaci e antibiotici mescolata ai mangimi.
Ma non si tratta solo di antibiotici, perché, come detto prima, il latte contiene anche altre sostanza poco raccomandabili quali sangue, pus, feci, batteri e virus. Senza poi contare l’immancabile dose di pesticidi che le povere mucche sono costrette ad assumere con il mangime che viene appunto coltivato con pesticidi, erbicidi, concimi di vario genere e altro ancora, tutte sostanze che vengono assorbite dall’animale durante la digestione e che alla fine finiscono nel sangue e quindi nel latte, che a questo punto non è affatto azzardato definire qualcosa di poco sano.
Il pus che finisce nel latte assieme alle altre sostanze è in un certo senso quantificato nel suo limite massimo da una normativa europea che stabilisce alla fine che in un litro di latte quindi ci possono essere 400 milioni di cellule di pus e 100 milioni di germi. Si tratta di una realtà che è, nei fatti, sconosciuta ai più e che è nota solo agli addetti del settore, mentre invece sarebbe più logico che ciascuno potesse decidere cosa mettere in tavola e cosa invece evitare. Ecco quindi che, a parte il problema etico, quindi di rispetto per i diritti degli animali, vi è anche un problema di qualità. L’importante è esserne consapevoli, cosi che ognuno possa fare le proprie scelte.
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Il latte che si beve tutti i giorni contiene anche pus, batteri e altre sostanze poco raccomandabili, solo che non tutti, anzi veramente pochi, ne sono a conoscenza. Quindi, inconsapevolmente, tutti i giorni a colazione si beve qualcosa che nessuna madre vorrebbe consapevolmente dare ai propri figli, solo che questo accade lo stesso, nella più assoluta ignoranza del problema. Questa è una delle tante conseguenze degli allevamenti intensivi, anche delle mucche da latte, costrette poverine a produrre fino a 10 volte quanto invece produrrebbero per alimentare i loro vitelli.
A parte il problema etico che vede quindi le povere bestie sfruttate in maniera a dir poco deplorevole, esiste anche un problema igienico-sanitario che rende quindi il latte qualcosa di molto diverso da quello che si beveva una volta. Il latte che una volta, tanti anni fa, si acquistava direttamente in campagna, anche se non pastorizzato, era molto probabilmente migliore di quello che si trova attualmente nei banchi refrigerati dei supermercati. Quello era un lette genuino, che la brava mucca produceva secondo natura, nella giusta quantità e senza stressarsi, per cui anche al qualità del latte era decisamente diversa.
Oggi una mucca da latte, allevata in stalle dalle quali non uscirà mai nel corso della sua breve esistenza, se non a fine carriera, diciamo così, quando sarà avviata al macello, è costretta a produrre fino a 40 litri di latte al giorno e questo fa diventare le sue mammelle enormi, tese, dolenti, pesanti, per cui un terzo di queste pover bestie soffre di mastite, una infiammazione dolorosa delle mammelle che viene curata con antibiotici, antibiotici che poi si ritrovano nelle tazze della prima colazione. Inoltre, mastite a parte, le mucche da latte, costrette come sono a vivere in una continua condizione di sofferenza, sono mantenute in salute, un vero e proprio eufemismo, grazie solo alla gran quantità di farmaci e antibiotici mescolata ai mangimi.
Ma non si tratta solo di antibiotici, perché, come detto prima, il latte contiene anche altre sostanza poco raccomandabili quali sangue, pus, feci, batteri e virus. Senza poi contare l’immancabile dose di pesticidi che le povere mucche sono costrette ad assumere con il mangime che viene appunto coltivato con pesticidi, erbicidi, concimi di vario genere e altro ancora, tutte sostanze che vengono assorbite dall’animale durante la digestione e che alla fine finiscono nel sangue e quindi nel latte, che a questo punto non è affatto azzardato definire qualcosa di poco sano.
Il pus che finisce nel latte assieme alle altre sostanze è in un certo senso quantificato nel suo limite massimo da una normativa europea che stabilisce alla fine che in un litro di latte quindi ci possono essere 400 milioni di cellule di pus e 100 milioni di germi. Si tratta di una realtà che è, nei fatti, sconosciuta ai più e che è nota solo agli addetti del settore, mentre invece sarebbe più logico che ciascuno potesse decidere cosa mettere in tavola e cosa invece evitare. Ecco quindi che, a parte il problema etico, quindi di rispetto per i diritti degli animali, vi è anche un problema di qualità. L’importante è esserne consapevoli, cosi che ognuno possa fare le proprie scelte.
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